Le Varietà Autoctone Veronesi
Le varietà autoctone utilizzate per la produzione di Amarone della Valpolicella, Ripasso e Recioto
I numerosi vitigni autoctoni sono considerati parte del nostro patrimonio culturale grazie all’impegno tramandato per intere generazioni e alla condivisa volontà di tutela delle caratteristiche specifiche del territorio. Il fine ultimo del lavoro di ricerca è quello di individuare e selezionare le variazioni genetiche spontanee e gli incroci che più si adattano ai terreni, al clima e alle tecniche di vinificazione.
L’ampio ventaglio di varietà è citato in alcuni documenti risalenti fino al 1500 e nei primi cataloghi del 1600 e 1700. La maggior parte di questi vitigni sono stati inseriti in modo sistematico nel Registro Nazionale delle Varietà di Vite istituito nel 1969 e successivamente inclusi nei disciplinari di produzione del Valpolicella, Amarone della Valpolicella e Recioto della Valpolicella.
Le varietà autoctone utilizzate per la produzione di Amarone della Valpolicella, Ripasso e Recioto
I numerosi vitigni autoctoni sono considerati parte del nostro patrimonio culturale grazie all’impegno tramandato per intere generazioni e alla condivisa volontà di tutela delle caratteristiche specifiche del territorio. Il fine ultimo del lavoro di ricerca è quello di individuare e selezionare le variazioni genetiche spontanee e gli incroci che più si adattano ai terreni, al clima e alle tecniche di vinificazione.
L’ampio ventaglio di varietà è citato in alcuni documenti risalenti fino al 1500 e nei primi cataloghi del 1600 e 1700. La maggior parte di questi vitigni sono stati inseriti in modo sistematico nel Registro Nazionale delle Varietà di Vite istituito nel 1969 e successivamente inclusi nei disciplinari di produzione del Valpolicella, Amarone della Valpolicella e Recioto della Valpolicella.
I numerosi vitigni autoctoni sono considerati parte del nostro patrimonio culturale grazie all’impegno tramandato per intere generazioni e alla condivisa volontà di tutela delle caratteristiche specifiche del territorio. Il fine ultimo del lavoro di ricerca è quello di individuare e selezionare le variazioni genetiche spontanee e gli incroci che più si adattano ai terreni, al clima e alle tecniche di vinificazione.
L’ampio ventaglio di varietà è citato in alcuni documenti risalenti fino al 1500 e nei primi cataloghi del 1600 e 1700. La maggior parte di questi vitigni sono stati inseriti in modo sistematico nel Registro Nazionale delle Varietà di Vite istituito nel 1969 e successivamente inclusi nei disciplinari di produzione del Valpolicella, Amarone della Valpolicella e Recioto della Valpolicella.
Ciliegia – Prugna – Cioccolato
Buona struttura – Buon Corpo
Forte aromaticità – Spezie
Tannini vellutati – Corpo complesso
Frutti rossi – Buona acidità
Corpo medio
Frutti rossi – Molto delicata – Floreale
Bassa resa – Colore intenso
L’avvento dello studio del genoma ha portato ad una rivoluzione: alcuni approfondimenti hanno permesso di identificare le principali famiglie, chiarire in parte quali fossero le origini e catalogare un numero significativo di varietà ritrovate nei vigneti antichi della regione. Si tratta di un lavoro di ricerca costantemente aggiornato, che ancora oggi viene portato avanti da enti pubblici, università, no profit, studiosi e privati consapevoli del valore inestimabile di questo patrimonio.
Queste varietà non sono solo una curiosità genetica ma, per quanto ci riguarda, un’opportunità per valorizzare ulteriormente l’identità dei nostri vini. Possediamo un tesoro dal quale poter attingere numerose informazioni, essenziali per ottenere un ulteriore sviluppo della ricerca enologica che consenta di svolgere micro vinificazioni, creare nuovi blend e di esaltare i vini in purezza facendo uso delle più moderne e sostenibili tecnologie a nostra disposizione. Per la nostra famiglia è un lavoro che prosegue fin dal 1800, periodo durante il quale abbiamo iniziato a selezionare i cloni esclusivi delle principali varietà che continuiamo a coltivare nei nostri vigneti.
Di seguito le numerose varietà indigene incluse nei disciplinari del Valpolicella, Valpolicella Ripasso, Amarone della Valpolicella e Recioto Della Valpolicella e catalogate nel Registro Nazionale delle Varietà di Vite. I relativi disciplinari prevedono la possibilità di utilizzare nel blend fino un 15% dei varietà internazionali che abbiamo deciso di non includere poiché riteniamo siano poco rappresentative della nostra regione.
Varietà principali
Introduzione
La Corvina è annoverata tra le più prestigiose uve a bacca nera della Regione Veneto e viene utilizzata come base per i rossi della Valpolicella. La sua presenza all’interno del disciplinare della Valpolicella corrisponde a una percentuale che varia tra il 45% e il 95% e tendenzialmente costituisce circa il 70% dell’uvaggio al quale vengono aggiunte varietà più tanniche come il Corvinone e l’Oseleta.
La Corvina è un vitigno delicato e per questo motivo è prevista una attenta vendemmia manuale. Il suo nome potrebbe derivare dal colore molto scuro della buccia, che ricorda la livrea del corvo.
Storia
Le prime testimonianze relative al vitigno risalgono al Cinquecento. Il primo a offrirci una descrizione fu Girolamo Fracastoro il quale non si limitò a delinearne l’aspetto fitologico, ma anche il metodo di vinificazione. A fine secolo, il medico Andrea Bacci, all’interno di un suo poemetto intitolato De Naturali Vinorum Historia, raccontò di come il vitigno fosse utilizzato per la produzione dell’Acinaticum, vino dolce pregiato, di antica origine e tradizione. Egli testimoniò che “dalle uve ancora intatte gocciolava lacrimando spontaneamente il prezioso liquore”. Nel 1825 il naturalista Giuseppe Acerbi descrisse la Corvina come varietà “apprezzata sopra le altre a far vino eccellente e generoso”. Nel 1886 Bertani la definì la varietà più diffusa della provincia e la stessa informazione fu confermata qualche anno da altri studiosi di agronomia e naturalisti. Raccomandato per la provincia di Verona dal Regolamento 2005/70 e dal Regolamento CEE 3800/8, il vitigno viene iscritto nel Registro Nazionale delle Varietà della Vite nel 1968 con il numero 70.
Altri nomi
Corvina Veronese, Corniola, Corvina nostrana, Corvina Reale, Corvina Rizza, Cruina.
Diffusione
La Corvina è coltivata nelle aree della Valpolicella, in Valpantena e a Bardolino. Con questo uvaggio sono prodotti numerosi vini DOCG, DOC e IGT: Amarone della Valpolicella DOCG, Recioto della Valpolicella DOCG, Bardolino Superiore DOCG, Valpolicella DOC, Valpolicella Ripasso DOC, Bardolino DOC, Garda DOC, Alto Mincio IGT, Collina del Milanese IGT, Provincia di Mantova IGT, Quistello IGT, Sabbioneta IGT, Alpi Retiche IGT, Vallagarina IGT, Verona o Provincia di Verona IGT, Bergamasca IGT, Trevenezie IGT, Provincia di Pavia IGT, Ronchi Varesini IGT, Sebino IGT, Terre Lariane IGT, Veneto IGT.
Ampelografia
La foglia è di grandezza media e di forma pentagonale e quinquelobata. Il seno peziolare è a U o a lira e i seni laterali sono tutt’altro che superficiali e con i bordi sovrapposti. La pagina superiore è di colore verde intenso opaco e presenta nervature in rilievo. La pagina inferiore è di colore verde-grigio. Il grappolo è di forma cilindrico-piramidale ed è contraddistinto da una ala piuttosto prominente. L’acino è medio, ellissoidale e la sua buccia è spessa, pruinosa e al palato piuttosto astringente.
Fenologia e coltivazione
Germogliamento: tardivo
Fioritura: media
Invaiatura: media
Maturazione dell’uva: medio-tardiva.
La Corvina è una varietà contraddistinta da una buona vigoria e da un alto potenziale di produzione. Nel caso di annate particolarmente secche, considerata la sua particolare sensibilità alla siccità, il vitigno richiede irrigazioni. La Corvina è anche sensibile alla botrite, soprattutto nei biotipi a grappolo serrato. Il clone si adatta a diverse tipologie di terreno. La varietà è stata piantata sui nostri suoli calcarei, mediamente ricchi di sostanze organiche, rispettando una densità media.
Caratteristiche organolettiche ed enologiche
Il colore del vino è rubino intenso con riflessi porpora. Al naso è ampio e presenta note di frutti rossi quali ciliegia, lampone e bacche selvatiche seguite da aromi più speziati, come cioccolato, e sentori balsamici. Con l’appassimento e un’eventuale evoluzione in bottiglia sviluppa aromi di frutta macerata. Al palato è caldo, tannico e persistente. La sua struttura è importante.
Introduzione
Come è possibile dedurre dal nome, il Corvinone è geneticamente simile alla varietà della Corvina e assieme ad essa costituisce la famiglia delle Corvine. La dimensione del suo grappolo è maggiore e per questo suo aspetto è facilmente distinguibile. Secondo il disciplinare può essere utilizzato in assemblaggio con una percentuale massima del 50%, in sostituzione della Corvina, ma è solitamente aggiunto in una percentuale minore che varia da un 15% a un 25% percento.
Storia
In passato il Corvinone è stato considerato un semplice biotipo della Corvina e per questo motivo non abbiamo attestazioni di studi specifici significativi.
Solo nel 1993 viene riconosciuta la sua identità e viene perciò ammesso nel Registro nazionale delle Varietà il 15 luglio dello stesso anno con numero 328.
Altri nomi
nessuno
Diffusione
Il Corvinone è diffuso nella Regione Veneto ed è presente all’interno dei disciplinari Amarone della Valpolicella DOCG, Recioto della Valpolicella DOCG, Bardolino Superiore DOCG, nei vini DOC Bardolino, Valpolicella Ripasso, Valpolicella e negli IGT Trevenzie, Veneto, Vallagarina e Verona o Provincia di Verona.
Ampelografia
La foglia è grande e allungata, pentagonale e pentalobata. Il seno peziolare è a V aperto, i seni laterali superiori sono profondi e i seni laterali inferiori meno profondi.
Il grappolo è mediamente compatto, piuttosto lungo e di forma piramidale e presenta una o due ali ben distinte dal corpo.
L’acino è grande e sferoide, la buccia è pruinosa e molto scura. La sua polpa succosa e di sapore semplice e dolce.
Fenologia e coltivazione
Germogliamento: tardivo
Fioritura: media
Invaiatura: media
Maturazione dell’uva: medio- tardiva
La produzione è più che buona e costante. Il vitigno è coltivato separatamente nei nostri vigneti di media densità a Guyot e Cordone Speronato, su suoli piuttosto scarni, adatti alle sue caratteristiche ed esigenze. La sensibilità alle malattie è buona e in cantina sopporta lunghi periodi di appassimento.
Caratteristiche organolettiche ed enologiche
Il colore del vino è rubino intenso. Il suo profilo aromatico mette in evidenza note floreali di violetta e note più fruttate quali ciliegia, mora e lampone. In confronto alla Corvina, il Corvinone ha un potenziale alcolico più basso e un’acidità più elevata. Se vendemmiato tardivamente, al palato emergono note più verdi. Assieme alla Corvina, il Corvinone contribuisce a conferire corpo complessità, grazie anche al suo numero elevato di tannini.
Introduzione
La Rondinella viene aggiunta all’interno del disciplinare come varietà complementare in una misura che va dal 5% al 30%. La varietà si distingue per la sua capacità di accumulare zuccheri e per la sua conseguente predisposizione all’appassimento. I suoi grappoli a bacca rossa sono facilmente riconoscibili per il loro aspetto arcuato. Come per la Corvina e il Corvinone, il suo nome ha origini ornitologiche e rimanda al colore del piumaggio dell’uccello.
Storia
Non si conservano documenti relativi alla coltivazione e alla diffusione della Rondinella se non a seguito della fillossera.
Notizie certe si hanno a partire dal 1882 grazie alla Giunta per l’Inchiesta Agraria la quale annovera il vitigno tra gli autoctoni veronesi.
Tra gli studiosi che, seppur superficialmente, si dedicano allo studio del vitigno vi sono Cosmo, Calò e Giulivo. Quest’ultimo nel 2009 ne ipotizza una mutazione spontanea del colore della buccia in rosa. La Rondinella viene inserita all’interno del Registro Nazionale delle Varietà nel 1970 con il numero 212.
Altri nomi
nessuno
Diffusione
La zona di diffusione idonea e consigliata è la Provincia di Verona. Il vitigno è ammesso nei seguenti disciplinari: Amarone della Valpolicella DOCG, Recioto della Valpolicella DOCG, Bardolino Superiore DOCG, Valpolicella DOC, Valpolicella Ripasso DOC, Bardolino DOC, Garda Colli Mantovani DOC, Alto Mincio IGT, Collina del Milanese IGT, Provincia di Mantova IGT, Quistello IGT, Sabbioneta IGT, Alpi Retiche IGT, Vallagarina IGT, Verona o Provincia di Verona IGT, Bergamasca IGT, Trevenezie IGT, Provincia di Pavia IGT, Ronchi Varesini IGT, Sebino IGT, Terre Lariane IGT, Veneto IGT.
Ampelografia
La foglia è di grandezza media o leggermente più grande della media, pentagonale e quinquelobata. I seni laterali superiori sono chiusi e con i bordi sovrapposti, gli inferiori sono aperti e a U. La pagina superiore è liscia, a volte leggermente bollosa e di colore verde e tenue, quella inferiore è più chiara e setosa.
Il grappolo non è di grandi dimensioni, piuttosto compatto e di forma piramidale. Il suo sviluppo è piuttosto curvo e per questo spesso facilmente riconoscibile.
L’acino è di forma sferoide e molto scuro e richiama il colore della livrea della rondine. La buccia è spessa e resistente.
Fenologia e coltivazione
Germogliamento: medio
Fioritura: medio
Invaiatura: medio
Maturazione dell’uva: medio
La produzione è abbondante e costante. Il vitigno si conserva bene sia sulla pianta che in fruttaio: non è particolarmente sensibile alle annate fredde e, anche durante quelle più siccitose, non dimostra essere particolarmente propenso a scottature.
Caratteristiche organolettiche ed enologiche
Il vino è di colore rubino intenso. Il suo profumo è delicatamente fruttato e presenta caratteristici sentori di frutti rossi, tra i quali la ciliegia. Il suo profilo erbaceo è davvero interessante. Se appassita, la Rondinella sviluppa particolari aromi di prugna secca e datteri. Al palato è di medio corpo e i suoi tannini per nulla invadenti. La sua spiccata acidità permette al vino un prolungato periodo di affinamento in bottiglia.
Introduzione
L’Oseleta, così come la maggior parte delle altre varietà autoctone riconosciute all’interno del Disciplinare della Valpolicella, può essere utilizzata con una percentuale pari al 10%. Il suo grappolo è piuttosto riconoscibile perché è di dimensioni minori rispetto ad altri. Il succo è particolarmente concentrato e interessante per il suo colore estremamente vivace. I risultati in vinificazione rivelano esiti sorprendenti e donano agli assemblaggi aromaticità e complessità.
Storia
Fu Onofrio Panvirio, storico e umanista del Cinquecento, a fornire una prima descrizione dell’Oseleta la quale appare come “ alba et nigra, dulcis et recenti, acre et matura”.
Si tratta di caratteristiche piuttosto contraddittorie che attribuiscono all’uvaggio un’aura di mistero in parte chiarito solo nel diciannovesimo secolo quando la Commissione ampelografica si dedicò agli studi sull’Oseleta stilando un elenco di cloni spontanei aventi caratteristiche simili e distinguendo l’Oselina rossa, l’Oselina montagnina, l’Oselina mora e l’Oselina nera, tutte presenti in Lessinia e, come testioniò lo Zava , nell’area prossima a Treviso.
Anche Sormani – Moretti, in quegli stessi anni, ne individuò una varietà silvestre coltivata a Quinzano.
L’Oseleta, venne recuperata nel veronese all’inizio degli anni ‘70 del secolo scorso. La varietà fu esaminata sia dal punto di vista viticolo, sia dal punto di vista enologico.
Il vitigno fu stato valutato adatto per la produzione del vino Valpolicella, del Recioto e dell’Amarone, soprattutto per la sua idoneità all’appassimento e per le sue basse rese e inserito all’interno del Registro delle Varietà ufficialmente solo nel 2001 con il numero 358.
Altri nomi
Oselina, Oselina mora, Oselina rossa, Uccellina.
Diffusione
La superficie vitata nazionale è di 15 ettari.
Ampelografia
La foglia è piccola, pentagonale, pentalobata, con seno peziolare a “U” e seni laterali superiori a lira chiusa e i bordi sovrapposti. Entrambe le pagine, quella superiore e quella inferiore sono glabre.
Il grappolo è piccolo, molto compatto, piuttosto tozzo e con un’ala.
L’acino è di dimensione media, forma obovoidale. La buccia è spessa è di colore blu-nera. All’interno della polpa vi sono molti semi. Il succo è concentrato.
Fenologia e coltivazione
Germogliamento: tardivo
Fioritura: medio
Invaiatura: medio
Maturazione dell’uva: medio
Il vitigno è di vigoria discreta grazie all’elevata fertilità delle sue gemme sulla pianta. La sua resistenza alle malattie crittogamiche è piuttosto buona e viene coltivata in parcelle con più sabbia e ghiaia. La sua resa è piuttosto bassa. L’Oseleta viene pigiata in anticipo rispetto alle altre varietà poiché il suo contenuto di succo è modesto e presenta una maggiore velocità di evaporazione durante l’appassimento.
Caratteristiche organolettiche ed enologiche
Il vino ottenuto è di colore rosso porpora intenso, con riflessi rubino. Al naso presenta note di petali di viola e di fresche erbe aromatiche. I suoi profumi fruttati rimandano alla ciliegia e alla mora. Nei vini affinati in bottiglia rilascia sentori di goudron e idrocarburi. La varietà è notevolmente tannica e se vendemmiata prematuramente può presentare un carattere acerbo e invasivo. Al palato è di corpo, avvolgente, persistente ed equilibrato. L’oseleta, se vinificata in purezza, presenta vini con una struttura tannica molto interessante. Utilizzata in assemblaggio dona eleganza e un’aromaticità complessa.
Varietà Rare
Permesse nel Disciplinari del Valpolicella, Amarone della Valpolicella e Recioto della Valpolicella
Introduzione
La Casetta, così come la maggior parte delle altre varietà autoctone riconosciute all’interno del Disciplinare della Valpolicella, può essere utilizzata con una percentuale pari al 10%. La varietà, grazie al suo elevato numero di antociani, contribuisce a donare un maggior vigore cromatico all’interno degli assemblaggi. Spesso definita con il sinonimo Lambrusco casetta o Lambrusco a foglia tonda, ma niente ha a che fare con l’omonimo vitigno emiliano.
Storia
Secondo alcuni studiosi la Casetta ha origini antichissime e deriva dalla domesticazione di viti selvatiche nate da incroci spontanei. Si suppone che il suo soprannome provenga dall’antico nome di una famiglia della frazione di Marani che coltivava quest’uva e per questo veniva soprannominata anche ‘’Maranela’’. Il suo primo approfondimento è piuttosto recente e risale al 1990, anno in cui viene pianificato un programma di lavoro volto studiare e tutelare le varietà autoctone rintracciate in piccoli appezzamenti locali e che coinvolge l’Assessorato all’Agricoltura della Provincia di Trento e l’istituto di San Michele all’Adige.
Negli ultimi anni, grazie al ritrovato interesse per le sue caratteristiche, la varietà è stata reintrodotta tra quelle ammesse per la coltivazione e dal 2002 rientra nel Registro Nazionale delle Varietà di Vite.
Altri nomi
Lambrusco Casetta, Lambrusco del Caset, Maranela, Lambrusco Foia Tonda
Diffusione
La Casetta è un vitigno autoctono della Vallagarina, diffuso in Veneto (a Dolcè, Brentino, Belluno e Rivoli) e in Trentino (in particolare nei comuni di Ala, Avio). Il vitigno è introdotto all’interno della DOC Terre dei Forti e all’interno delle seguenti denominazioni IGT: Delle Venezie, Vallagarina e i Vigneti delle Dolomiti. Attualmente esistono 10 ettari nel Veronese dedicati alla coltivazione di questo vitigno. La sua superficie coltivata a livello nazionale ammonta a 12 ettari.
Ampelografia
La sua foglia è di misura media, pentagonale e pentalobata e di sembianza tonda. Il seno papillare è aperto e a forma di ‘’U’, di colore verde di media intensità e privo di bollosità. I seni laterali, quando presenti, a forma di ‘’V’’. Il grappolo è conico, di dimensioni medie, mediamente compatto. L’acino è medio-grande, ellissoidale largo e di sapore neutro. La buccia è sottile e di colore scuro.
Fenologia e coltivazione
Germogliamento: precoce
Fioritura: molto precoce
Invaiatura: medio-precoce
Maturazione dell’uva: media
La sua elevata vigoria e produttività è dovuta alla resistenza ai freddi invernali. La casetta è da sempre sensibile alla muffa grigia ed è questo il motivo per cui in epoca post-fillossera, non fu mai reintrodotta con convinzione. Nel corso del ‘900 venne frequentemente sostituita con altri vitigni più resistenti quali Cabernet Sauvignon, Carmenère e Syrah. I vigneti attualmente esistenti sono resistenti alla peronospora e all’oidio e per questo motivo, negli ultimi trent’anni, alcuni studiosi scientifici tendono a salvaguardarne il patrimonio genetico. La scelta da parte di agronomi ed enologi è motivata anche dal potenziale qualitativo del vitigno il quale ben si adatta ai caratteristici terreni calcarei della Valpolicella con altitudine non superiore ai 400 m slm.
Caratteristiche organolettiche ed enologiche
Il colore ottenuto dalla vinificazione è rosso rubino con riflessi violacei.
Nel caso venga introdotta all’interno di un assemblaggio, la casetta ben si integra con gli altri vitigni autoctoni apportando al vino un elevato numero di antociani e contribuendo perciò a rilasciare un colore intenso. I suoi sentori di piccoli frutti rossi si evolvono in note più speziate quali per esempio il pepe verde. La Casetta è un vitigno che ha buona predisposizione all’invecchiamento ed è in grado di sostenere lunghi periodi di affinamento grazie anche al suo carattere tannico. Il quadro fenolico è ricco ed equilibrato, la sua acidità elevata e il suo profilo strutturato.
Introduzione
In passato è stata spesso confusa con la Corvina. Come quest’ultima sembra avere tutte le caratteristiche adatte per una buona vinificazione. A differenza dei vitigni internazionali quali merlot e cabernet sauvignon (che possono essere introdotti all’interno del disciplinare della Valpolicella in una percentuale pari a un 15%) la varietà della Corbina, considerata storica, può essere inserita all’ interno dell’assemblaggio di Valpolicella, Amarone e Recioto in una percentuale del 10%. Il vino prodotto da Corbina ha tutte le caratteristiche di una varietà moderna poiché risponde bene alle esigenze di vinificazione.
Storia
La prima fonte che cita la Corbina risale al Seicento ed è un trattato dell’autore Giacomo Agostinetti intitolato ’’Cento e dieci ricordi che formano il buon fattor’’. All’interno di quest’opera letteraria e scientifica venne descritto uno tra i primi esperimenti di assemblaggio con uve Corbina. Una testimonianza analoga fu rilasciata nel secolo successivo da Aureliano Acanti, autore de il Roccolo (1754). Nell’800 si diffusero le prime mappature relative alle zone di coltivazione e l’agronomo Giuseppe Acerbi individuò tra queste Bassano e Marostica. A inizio Novecento G.B. Zava concentrò le sue ricerche in Provincia di Vicenza. Solo nel 1925, a distanza di qualche decennio dalla pubblicazione del documento ufficiale della Mostra Pubblica dell’Uva da Vino coordinata dal Comizio agrario di Vicenza (1868), grazie agli approfondimenti di Marzotto, verrà fatta ulteriore chiarezza tra i cloni della Corbina e della Corvina, varietà con la quale spesso viene erroneamente indicata. La Corbina è stata riscoperta recentemente e inserita all’interno del Catalogo nazionale varietà di vite dal 2007 con il codice 066.
Altri nomi
Crovino, Corbina Comune, Corbinella
Diffusione
Il vitigno Corbina è originariamente tipico delle zone di Minerbe, Legnago, Treviso e oggi risulta essere menzionato nel disciplinare delle seguenti denominazioni: Bagnoli di Sopra DOC o Bagnoli DOC, Bagnoli di Sopra o Bagnoli DOC sottozona Classico. É possibile inserire lo stesso vitigno in diversi vini IGT tra i quali Alto Licenza, Colli Trevigiani, Delle Venezie, Marca Trevigiana, Vallagarina. La sua superficie coltivata a livello nazionale ammonta a 12 ettari.
Ampelografia
La foglia è pentagonale e pentalobata con seno peziolare a ‘’V’’. La superficie è ondulata e un po’ bolsa con dentatura irregolare. Il grappolo è piramidale, alato, mediamente spargolo. Gli acini sono di colore blu scuro e di aspetto pruinoso, la loro forma è sferica e la buccia spessa.
Fenologia e coltivazione
Epoca di germogliamento: media
Epoca di fioritura: media.
Epoca d’invaiatura: media/ precoce
Epoca di maturazione: tardiva
La Corbina è un vitigno di discreta vigoria. La produzione non è elevata se coltivata in aree più collinari, ma diventa molto più diffusa in pianura. La Corbina è una specie vigorosa e non particolarmente suscettibile alle principali crittogame, quali la botrite. Alla fine dell’inverno richiede una potatura lunga. La sua vendemmia è suggerita tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre.
Caratteristiche organolettiche ed enologiche
Il vino ha tutte le caratteristiche di una varietà moderna poiché risponde bene alle esigenze di vinificazione. La elevata presenza di antociani determina una consistente estrazione di colore che appare come rosso rubino con riflessi viola. La sua trama è fitta. Tra i suoi sentori più tipici troviamo le note fruttate di mora, ciliegia e mirtillo, quelle più fumose di tabacco e potenzialmente balsamiche. Al palato ha una buona struttura determinata un aspetto piuttosto tannico e da un bilanciamento tra acidi e zuccheri.
Introduzione
Geneticamente non troppo difforme dalla Rondinella. Considerata da alcuni studiosi contemporanei una delle varietà antiche più promettenti per il Veronese. Nonostante ciò non solo viene poco coltivata, ma sembra essere addirittura ad alto rischio di estinzione. Il vitigno è stato invece molto coltivato in passato, soprattutto per la sua propensione ad un buon appassimento. La Dindarella, così come le altre varietà autoctone escluse Corvina, Corvinone e Rondinella, può essere presente all’ interno del Disciplinare della Valpolicella con una percentuale del 10%.
Storia
La Dindarella venne citata per la prima volta ne Il Roccolo di Aureliano Acanti, poemetto ditirambico pubblicato a Venezia nel 1754.
Dindarella e Pelara furono citate nel catalogo varietale delle uve veronesi compilato da Ciro Pollini nel 1824. Secondo lo scrittore e naturalista Acerbi (1825) la Dindarella e la Pelara sarebbero state entrambe presenti nel Veronese, in particolare in Valpolicella. In quegli stessi anni Marzotto elencò le caratteristiche della Dindarella e della Pelara veronese rifacendosi alla descrizione del Bertani, tralasciando una serie di precisazioni e distinzioni tra le due. Uno studio approfondito sul vitigno condotto negli anni 1970 dall’Istituto Sperimentale per la Viticoltura di Conegliano ha permesso di effettuare il reperimento del germoplasma e il conseguente isolamento di diversi biotipi tra cui tra cui la Dindarella Rizza e la Pelara, ovvero un biotipo con caratteristiche molto simili, ma caratterizzato da una ramificazione più diradata e da alcune differenze a livello fogliare. Il nome di quest’ultima deriva dal fenomeno della colatura fiorale cui la varietà è soggetta (il grappolo “si pela”).
La Dindarella è stata inserita all’interno del Registro Nazionale delle Varietà di Vite bel 1987, codice 316, dal CRA-VIT Conegliano.
Altri nomi
Dindarella rizza, Dindarella Veronese, Bindarella.
Diffusione
La Dindarella è coltivata limitatamente nel Veronese e nelle colline della Valpolicella. È presente nelle DOC Valpolicella, Garda Orientale e Valdadige ed è ammesso nelle seguenti IGT: Trevenezie, Vallagarina, Veneto e Verona. Attualmente la superficie coltivata è di 15 ettari vitati a livello nazionale.
Ampelografia
La foglia è frastagliata e di media-grande dimensione, pentagonale e quinquelobata. Il seno peziolare è a “U” e i seni laterali superiori sono a lira chiusa, con i bordi a volte sovrapposti.
Il grappolo è grosso, mediamente compatto, di forma piramidale e con una o due ali a volte molto pronunciate. Il peduncolo lungo, grosso e semilegnoso.
L’acino è di media dimensione e di forma irregolare, sferico o sub-rotonda. La sua buccia spessa e pruinosa, di colore rosso-blu, con irregolare distribuzione della colorazione e riflessi violacei a maturazione. La polpa succosa e incolore.
Fenologia e coltivazione
Germogliamento: medio, epoca di germogliamento veloce
Fioritura: media, particolarmente rapida
Invaiatura: medio-tardiva
Maturazione dell’uva: media, particolarmente rapida
La vigoria è buona, e la pianta equilibrata e ricca di femminelle. La produzione è costante ed elevata. Non è lo stesso per la Dindarella rizza o Pelara e ciò è dovuto soprattutto al peso medio del grappolo, decisamente inferiore. Grazie alla sua buccia spessa e il suo grappolo non troppo compatto, il vitigno possiede un’ottima resistenza alle crittogame, al marciume e alla botrite, adattandosi anche a condizioni climatiche meno favorevoli. Dal punto di vista genetico, recenti studi hanno dimostrato una notevole affinità genetiche tra la Dindarella e la Rondinella e in misura minore tra la Dindarella e la Corvina.
Caratteristiche organolettiche ed enologiche
Il vino ottenuto è di colore rosso rubino. La sua intensità tenue è determinata da un basso contenuto di antociani. Al naso il vino presenta note floreali e fruttate, altre più speziate come pepe, cannella e noce moscata. Al palato prevale la sensazione alcolica e un’ottima sapidità. È possibile ottenere una maggiore freschezza tramite una raccolta leggermente anticipata. In passato è stata utilizzata soprattutto per la produzione di Recioto grazie ad una buona attitudine all’appassimento data la spargolicità del grappolo e la consistenza della buccia. Se vinificato nella versione in rosato, il vitigno mette in evidenza acidità e profumi, tra i quali il ribes rosso.
Introduzione
L’Enantio, così come la maggior parte delle altre varietà autoctone riconosciute all’interno del Disciplinare della Valpolicella, può essere utilizzata con una percentuale pari al 10%. Le sue caratteristiche variatali ed enologiche ricordano quelle del lambrusco a foglia tonda. Il vitigno è stato in passato utilizzato come uva da taglio, ma se vinificato in purezza dà origine a un vino molto equilibrato e dal carattere deciso.
Storia
Citato da Plinio il Vecchio all’interno del suo Naturalis Historia (un’enciclopedia di 37 volumi realizzata nel I secolo d.C.) e ripreso nell’Ottocento da Giuseppe Acerbi il quale approfondì lo studio delle caratteristiche morfologiche e la conoscenza della sua costituzione genetica.
Svariati sono gli approfondimenti relativi al periodo post fillossera poiché le viti a piede franco rivelarono una buona resistenza ai perniciosi attacchi degli insetti.
Il vitigno viene inserito all’interno del Registro del Ministero con il nome Lambrusco a Foglia Frastagliata, ma appartiene alla famiglia delle Ambrusche. Ufficialmente rinominata nel 1980 da Mario Fregoni per distinguerlo da altri biotipi somiglianti.
Altri nomi
Lambrusco Nostrano, Lambrusco a foglia frastagliata, Foja Tonda.
Diffusione
L’Enantio è una varietà considerata autoctona non solo per la provincia di Verona. Le sue antiche origini ci portano in Trentino e più precisamente nel fondovalle della bassa Vallegarina, ai confini con il Veneto. Un’ampia diffusione è documentata ormai da secoli lungo un ampio tratto del fiume Adige, in particolare tra il Monte Baldo e la Lessinia. Le DOC rappresentative sono Valdadige Terra dei Forti Enantio DOC, Valdadige Terra dei Forti Enantio Riserva DOC, Valdadige Rosso DOC, Casteller DOC, Trentino DOC, Trentino Superiore DOC, Vallagarina DOC, Modena DOC, Reggiano DOC. La superficie coltivata nelle regioni del Trentino-Alto Adige, Veneto ed Emilia ammonta a 724 ha.
Ampelografia
La foglia è piuttosto estesa e di forma pentagonale. I denti dei suoi cinque lobi sono pronunciati e piuttosto irregolari e grazie a questo particolare il vitigno è facilmente riconoscibile. Il grappolo è di medie dimensioni, conico, compatto e spesso alato. L’acino è sferico. La sua buccia sottile ma coriacea, pruinosa e di colore blu-nero.
Fenologia e coltivazione
Epoca di germogliamento: precoce
Epoca di fioritura: media
Epoca di invaiatura: media
Epoca di maturazione: tardiva
La vite di Enantio è selvatica e particolarmente longeva. La sua resistenza alle crittogame e la sua robustezza sono apprezzabili, ma richiede un’attenzione particolare durante alcuni interventi in vigna quali ad esempio la potatura.
Caratteristiche organolettiche ed enologiche
Vino di colore rosso rubino intenso. Al naso è fruttato, piuttosto erbaceo e nettamente speziato. Al palato si distingue per i suoi sentori di frutti di bosco e per la sua balsamicità pronunciata. Il tannino è chiaramente percepibile, ma mai scomposto. Ottima è la sua persistenza e la sua pienezza gusto-olfattiva.
Introduzione
La Forsellina, così come la maggior parte delle altre varietà autoctone riconosciute all’interno del Disciplinare della Valpolicella, può essere utilizzata con una percentuale pari al 10%. Il suo comportamento vegetativo è eretto e simile a quello della Molinara, una delle varietà attualmente più diffuse. A differenza di quest’ultima la resa è qualitativamente inferiore. I suoi grappoli, essendo molto compatti, non risultano essere propriamente adatti all’appassimento.
Storia
Il nome della Forsellina appare per la prima volta nel catalogo varietale delle uve veronesi compilato nel 1824 dal botanico e naturalista Ciro Pollini, dove il suo sinonimo risulta essere Pignola, da non confondere con la Pignola della Valpolicella.
Una prima descrizione ampelografica è stata fatta dalla Acerbi e dallo Zantedeschi. I primi dati analitici riguardo il risultato della vinificazione di questo vitigno sono del Dott. Carlo Rossi e compaiono nella redazione del 1872 sulle condizioni dell’Agricoltura, industria e commercio dei tre comuni di Quinto, Stelle e Grezzana della Valpantena di Verona. Nel 1901 G.B.Zava, all’interno dell’“Elenco descrittivo dei vecchi vitigni coltivati nel Veneto secondo il nome volgare delle uve” documenta la diffusione del vitigno nella Provincia di Verona. Solo poco tempo dopo, facendo riferimento allo stesso clone, il Conte Sormani-Moretti, socio dell’Accademia di agricoltura scienze e lettere di Verona, cita nomi simili riferibili allo stesso clone. Nel 1939, a distanza di più di un secolo, Cosmo propone una descrizione più completa. La Forsellina viene ammessa all’interno del Registro Nazionale delle Varietà delle Viti nel 1971.
Altri nomi
Forselina, Forcelina, Forsella, Pignola.
Distribuzione
La coltivazione di questa varietà è adatta alla provincia di Verona. È ammessa nelle denominazioni IGT Trevenezie, Vallagarina e Verona, oltre che nelle DOC Bardolino e Valpolicella. Attualmente sono 15 gli ettari di vigneto dedicati a questa varietà.
Ampelografia
La foglia è medio-piccola, pentagonale e quinquelobata. Il seno è a forma di lira o di lira chiusa. La superficie superiore è glabra, mentre quella inferiore è leggermente aracnoidea. La lamina è leggermente ripiegata verso il basso, così come i lobi. Il grappolo è di medie dimensioni, compatto e cilindrico, con una forma semplice e un accenno di ala. Il peduncolo è visibile, lungo e sottile. L’acino è irregolare e di forma ellissoide. La buccia è di medie dimensioni e pruinosa, con una distribuzione irregolare. Il succo è incolore e ha un sapore neutro.
Fenologia e coltivazione
Fioritura: media
Fioritura: media
Invaiatura: media
Maturazione dell’uva: media
Questa varietà richiede potature lunghe. La Forsellina, essendo una varietà rustica, si adatta bene a condizioni non ottimali ed è simile alla Molinara per quanto riguarda le caratteristiche ampelografiche. Ha un livello di produzione medio in termini di quantità e la sua resistenza alle malattie crittogamiche è buona.
Caratteristiche organolettiche ed enologiche
Per le sue caratteristiche morfologiche, in particolare la compattezza del grappolo, è sconsigliata l’essiccazione. Pertanto, se ne sconsiglia l’uso in uvaggi per la produzione di vini passiti. Il colore è rosso rubino chiaro, particolarmente brillante. Il suo profilo aromatico è caratterizzato da note floreali e fruttate. Al palato si distingue per un buon equilibrio tra durezza e morbidezza.
Introduzione
La Marzemina Grossa, così come la maggior parte delle altre varietà autoctone riconosciute all’interno del Disciplinare della Valpolicella, può essere utilizzata con una percentuale pari al 10%. Questa varietà, piuttosto rustica, era diffusa in passato specialmente nella zona del Trevigiano, ma attualmente le piante sono a forte rischio di erosione genetica. Raramente i vivaisti dispongono di questa varietà e i pochi esemplari esistenti non vengono innestati.
Storia
Già nel 1679, lo scrittore e fattore Giacomo Agostinetti, all’interno del suo libro “Cento e dieci ricordi che formano il buon fattore in villa”, suggeriva di vinificare questa varietà con la Marzemina, al fine di ottenere un vino dolce da abbinare, secondo il gusto dell’epoca, alle castagne.
Nel Settecento lo Zambenedetti elenca la Marzemina Grossa tra le varietà locali “scelte e preziose” e Goethe, durante la sua permanenza in Veneto, considerata la dimensione dell’acino e dell’intero grappolo, chiamerà il vitigno Marzeminone.
Nel 1886, verrà pubblicato il Catalogo delle uve esposte alla pubblica mostra di Vicenza all’interno del quale saranno elencate una serie di varietà similari da non confondere quali la Marzemina, la Marzemina Bastarda, quella Gentile, la Marzemina Rossa, la Marzemina Groppella e la Marzemina Oseleta.
Alcune di queste specie tra cui la Marzemina Grossa verranno individuate e studiate dal Pollini anche in territorio veronese.
Attualmente la Marzemina Grossa, detta anche ‘’nera bastarda’’ è pressocché scomparsa dai vigneti e sopravvive solo grazie al recupero effettuato dal dr. Tocchetti che ne ha permesso l’inserimento nei campi di conservazione e valutazione del germoplasma. La varietà è iscritta come Marzemina Grossa al registro nazionale delle varietà di vite dal 2007 e attualmente non sono presenti cloni omologati. Nel 2003 è stata inserita in un vigneto di nuovo impianto per l’approfondimento delle conoscenze del comportamento nei diversi ambienti di alcune varietà sulle colline del Montello.
Altri nomi
Marzemina nera bastarda
Diffusione
Attualmente la Marzemina Grossa è ammessa in varie IGT quali Alto Livenza, i Colli trevigiani, Conselvano, Delle Venezie, Marca trevigiana, Vallagarina, Veneto e Veneto Orientale, Verona o Provincia di Verona e Vigneti delle Dolomiti. La superficie coltivata in Veneto occupa un solo ettaro nelle provincie di Treviso e Padova.
Ampelografia
La foglia è di medio-grande dimensione, pentagonale e pentalobata. La pagina superiore è liscia e presenta poche callosità. Quella inferiore è caratterizzata da una folta presenza di peli tra le nervature. Il grappolo ha dimensioni molto grandi ed è piramidale, spesso alato, spargolo e più lungo della media. Il peduncolo è molto lungo.
L’acino è rotondeggiante e di colore molto scuro e pruinoso. La buccia è spessa e la polpa leggermente aromatica.
Fenologia e coltivazione
Germogliamento: precoce
Fioritura: media
Invaiatura: precoce
Maturazione dell’uva: media o precoce
Si tratta di una varietà rustica e mediamente vigorosa. Nonostante le grandi dimensioni del grappolo e degli acini, la produzione per ceppo non è elevata, a causa della bassa fertilità delle gemme. Per le sue particolari caratteristiche, la Marzemina Grossa ben si inserisce all’interno di un assemblaggio con altri vitigni. Il vitigno è poco sensibile a crittogame, non è soggetto a marciumi e ben si presta alla coltivazione.
Caratteristiche organolettiche ed enologiche
Considerata la poca diffusione, non siamo in possesso di molte descrizioni organolettiche. Sappiamo per certo che l’uva è ricca di materia colorante e di conseguenza i vini sono caratterizzati da un’ottima intensità. Tra le note evidenti all’olfatto viola mammola, lampone, piccoli frutti rossi e accenni di note più verdi. Il gusto è secco e moderatamente morbido e richiama gli aromi percepiti all’olfatto.
Introduzione
Il Marzemino, così come la maggior parte delle altre varietà autoctone riconosciute all’interno del Disciplinare della Valpolicella, può essere utilizzata con una percentuale pari al 10%. La sua identità risulta molto incerta poiché le informazioni raccolte fanno spesso riferimento a biotipi differenti. Attualmente i biotipi esistenti sono raccolti in due grandi gruppi ovvero il Marzemino Gentile o Comune e la Marzemina bianca o Padovana. Tipico di questa varietà è il colore rosso violaceo che colora non solo le bacche, ma i tralci, i peduncoli dei grappoli e in parte le foglie.
Storia
Le sue prime notizie certe risalgono al Sedicesimo secolo. Tra queste vi è la testimonianza dell’agronomo Agostino Gallo il quale identificò alcuni ceppi del vitigno in Veneto e più specificamente nell’area di Padova. Egli descrisse il vino proveniente da quest’uva come “gentile, che tien dell’amabile, ma carico di colore”.
A fine secolo si diffusero numerose testimonianze da parte di nobili signori che apprezzarono “li Marzemini”, intesi come vini passiti dolci ed anche i patrizi veneziani di casa Thiepolo erano soliti inviare al Re di Polonia e definire “vini pretiosissimi”.
Il Marzemino ebbe un posto di rilievo anche nel Roccolo scritto nel 1751 da Aureliano Acanti secondo il quale sarebbe stato ritenuto tra i vini più diffusi e apprezzati e con poteri paragonabili a quelli di un farmaco.
A distanza di solo qualche anno, lo studioso Pietro Caronelli definì la Marzemina come la Regina d’ogni uva, esprimendo il suo disappunto riguardo la tendenza a voler sostituire l’uvaggio con altri di minore rilevanza.
A inizio Ottocento il Moro elencò le Marzemine tra le migliori uve rosse del Veronese e il Gallesio estese la documentazione nelle aree del Modenese, del Piacentino e addirittura in Austria.
L’uva Marzemina fu citata nel catalogo varietale delle uve veronesi da Ciro Pollini pubblicato nel 1824, nel Catalogo dei prodotti primitivi del suolo e delle industrie della Provincia di Vicenza del 1855 e nell’elenco dello Zantedeschi dedicato alle varietà coltivate nel Veronese scritto nel 1862.
Nel corso del Novecento è sempre stato chiara agli studiosi l’esistenza di più biotipi e l’argomento si presenta come piuttosto fitto. Il Marzemino nero è iscritto al Registro Nazionale delle Varietà di Vite nel 1970 con il numero 149.
Altri nomi
Marzemina, Berzamino, Berzemino, Bassamino, Barzemin
Diffusione
Oggi, il Marzemino è coltivato con risultati eccellenti soprattutto in Trentino e Veneto ed è idoneo alla coltivazione in altre regioni di Italia quali Lombardia, Friuli, Emilia, Abruzzo e Sardegna. La varietà è elencata nel disciplinare Colli di Conegliano DOCG ed è presente all’interno delle seguenti denominazioni di origine controllata: Botticino DOC, Capriano del Colle DOC, Colli di Scandiano e di Canossa DOC, Merlara DOC, Terre del Colleoni DOC, Riviera del Garda Classico DOC, Breganze DOC, Cellatica DOC, Garda DOC, Reggiano DOC, Trentino DOC.
Ampelografia
La foglia è pentagonale e trilobata, con talvolta accenno a 5 lobi. Il seno peziolare è a V e con i bordi quasi sempre sovrapposti. I seni laterali superiori sono a U, quelli laterali inferiori appena accennati. La pagina superiore è liscia, non molto lucente, di colore verde scuro e con nervature tipicamente infossate. La pagina inferiore è di colore grigioverde e con nervature leggermente rossastre alla base.
Il grappolo è mediamente compatto e cilindro-piramidale. Può avere una o due ali.
L’acino è sferoide, di medio-piccola dimensione. La buccia è sottile, la polpa consistente e il suo succo di colore rosato.
Fenologia e coltivazione
Germogliamento: precoce
Fioritura: media
Invaiatura: media
Maturazione dell’uva: media
Il Marzemino è un vitigno vigoroso e caratterizzato da una resa soddisfacente, ma che richiede numerose attenzioni e cure specifiche nel periodo del precoce germogliamento delle foglie (motivo per cui è fortemente soggetto al rischio di gelate ed eventi climatici avversi).
Caratteristiche organolettiche ed enologiche
Il colore del vino Marzemino è rosso intenso, con riflessi blu-violacei. Al naso presenta sentori floreali quali mammole e viole, ma anche fruttati come marasca, ciliegia, ribes e mora. Al palato ha un tratto particolarmente dolce e risulta essere strutturato e persistente.
Introduzione
Così come la maggior parte delle altre varietà autoctone riconosciute all’interno del Disciplinare della Valpolicella, può essere utilizzata con una percentuale pari al 10%. La Molinara è tra le varietà storiche più diffuse in Valpolicella, nonché tra quelle più indicate per la produzione di Amarone, tanto è vero che molti proposero di regolamentare la sua presenza all’interno del disciplinare come obbligatoria. La sua propagazione è favorita dai viticoltori. Buona è la sua predisposizione all’appassimento nei fruttai.
Storia
La Molinara è citata per la prima volta all’interno del Catalogo delle varietà di viti del Regno Veneto, redatto dal Conte Pietro di Maniago nel 1823.
A distanza di pochi mesi la varietà apparirà nuovamente nel Catalogo delle uve veronesi pubblicato di Ciro Pollini (1824).
All’inizio del ‘900 le testimonianze che certificano la diffusione del vitigno sono numerose. G.P. Perez individua alcuni cloni nei distretti vinicoli veronesi (in particolare in Valpolicella, in Valpantena, nelle vallate di Mizzole, Marcellise, Mezzane, Illasi e Tramigna). G.B. Zava indica la sua presenza anche nella provincia di Padova.
Negli anni a venire la produzione vinicola della Valpolicella e di Bardolino include maggiormente la cultivar, tanto che De Leonardis nel 1933 arriverà a indicare la Molinara come uno dei tre vitigni più tipici.
A seguito dell’arrivo della fillossera in territorio veneto, Dalmasso, Cosmo e Dall’Olio la citano tra le varietà locali sulle quali puntare. Negli anni ’50 del ‘900 altri studiosi quali Montanari e Ceccarelli ne ribadiscono l’importanza e spingono per estenderne la coltura.
La Molinara è stata ammessa al Registro Nazionale delle Varietà di Vite nel 1970 con il numero 148. Sulla sua discrezionalità all’interno del disciplinare vi sono stati numerosi dibatti al seguito dei quali si è optato per escluderne l’obbligatorietà all’interno della DOC Valpolicella e mantenere il permesso di utilizzarla.
Altri nomi
Rossara, Rossanella, Breppon, Brepon Molinara, Molinara Ciara.
Diffusione
La Molinara rientra nell’uvaggio di numerose denominazioni tra le quali: Bardolino Superiore DOCG, Amarone DOCG, Bardolino DOC, Valpolicella DOC, Verona IGT, Vallagarina IGT, Veneto IGT , Trevenezie IGT, Provincia di Mantova IGT. La superficie attualmente coltivata è di 600 ettari.
Ampelografia
La foglia è di grandezza più che media, un po’ allungata, cuneiforme, trilobata. Il seno peziolare a V molto aperto, i seni laterali a V stresso, i laterali inferiori appena accennati. La pagina superiore è di colore verde chiaro, liscia, opaca e glabra. La pagina inferiore è di colore verde grigiastro e piuttosto pelosa.
Il grappolo è di media grandezza, spargolo, piramidale allungato e con una o due ali corte e un peduncolo lungo.
L’acino è di forma sferoidale, leggermente allungato. La buccia è spessa e di colore violaceo e così pruinosa da sembrare come ricoperta di farina. Il suo nome deriva infatti dal vernacolo “mulinara’’ (da mulino).
Fenologia e coltivazione
Germogliamento: media
Fioritura: media
Invaiatura: media
Maturazione dell’uva: tardiva
La produttività è elevata e costante e la vigoria moderata. Ama i posti soleggiati e asciutti e piogge non abbondanti e per questo potrebbe rivelarsi adatta alle condizioni climatiche siccitose degli ultimi anni. Non è raro che in piena maturazione, alcuni acini diventino prematuramente semi-secchi. La sua resistenza al marciume è alta, sia in pianta che in fruttaio. È mediamente attaccata dalla peronospora e dall’oidio, poco attaccata invece dalle tignole.
Caratteristiche organolettiche ed enologiche
Come i principali vitigni utilizzati per la produzione di amarone, la Molinara ben si presta all’appassimento in fruttaio. Il colore ottenuto dalla vinificazione della Molinara è rosa cerasuolo abbastanza carico. Al naso presenta note fresche e delicate, floreali e fruttate. Al palato è caratterizzato da un buon equilibrio tra morbidezze e durezze. Il vino ha un corpo è leggero ed è contraddistinto da un’acidità e da un’alcolicità limitate. Considerate le caratteristiche organolettiche, quali per esempio la sua spiccata sapidità, è possibile utilizzare la Molinara per la produzione di vini rosati o spumanti. I questi casi si tende a lasciare le bucce a contatto con il mosto per un breve periodo.
La Negrara Veronese è una varietà a bacca rossa autoctona della Valpolicella appartenente alla più ampia famiglia delle Negrare alla quale aderisce la più conosciuta Trentina. Nonostante le due siano spesso confuse, presentano caratteristiche diverse. La varietà, considerata storica, può essere inserita all’ interno dell’assemblaggio di Valpolicella, Amarone e Recioto in una percentuale del 10%. Al palato è sottile, abbastanza fine con buona speziatura e sentori di frutta rossa.
Storia
La prima descrizione relativa a una Negrara è del 1824 e risale al Pollini. Si tratta di un elenco di diverse tipologie coltivate nel veronese, ovvero la Negrara o Negronz (probabilmente l’attuale Negrara Trentina), la Negrara bastarda (probabilmente l’attuale Negrara Veronese). Le due differiscono tra loro soprattutto per la foglia (intera o lobata) e per gli acini (rotondi o rotondo ovati).
Le Negrare erano un gruppo di vitigni un tempo molto diffuso nel Veneto e nel Trentino. Nel 1939 Dalmasso racconta come nei primi del Novecento il 20% delle varietà coltivate nella provincia di Verona appartenesse a questa grande famiglia.
È stato recentemente scoperto che la Negrara Veronese ha caratteristiche genetiche simili alla Gruaja, un’altra rara varietà veneta (Salmaso, Dalla Valle, Lucchini 2008). La Negrara è registrata ufficialmente nel Catalogo nazionale varietà di vite dal 1970 con il codice 161 a cura del CRAVIT di Conegliano.
Altri nomi
Negrara Trentina: Terodola e Tirodola (nel Veronese); Doleana, Doveana o Dovenzana (nel Vicentino); Edelschwarze, Salzen e Keltertraube (in Alto Adige).
Diffusione
Ceppi di Negrara sono ancora presenti anche nei Colli Euganei e nella zona di Breganze.
Insieme all’Oseleta, la Negrara Veronese è la varietà più ripresa negli ultimi 20 anni nella regione Veneto. Non ci sono ancora progetti monovarietali definiti, in quanto la diffusione di questa varietà è sporadica in Valpolicella, Padova e Vicenza. È presente nei disciplinari delle seguenti DOC: Valpolicella, Bardolino, Breganze Rosso, Valdadige. Il gruppo delle Negrare ha una diffusione di 116 ettari a livello nazionale, soprattutto nelle province di Trento, Bolzano e Verona.
Ampelografia
La foglia della Negrara veronese, a differenza di quella trentina, ha una foglia più rotondeggiante, trilobata con lobi poco marcati.
Il grappolo, a maturità, è medio-grande, cilindrico, alato e mediamente compatto e, se paragonato al grappolo della Negrara Trentina è evidentemente più grande.
L’acino è piuttosto grosso, sferoidale di colore blu-nero, non molto regolare, con buccia molto pruinosa, spessa e coriacea, astringente. La polpa è succosa e dal sapore semplice, il succo incolore.
Fenologia e coltivazione
Epoca di germogliamento: tardivo.
Epoca di fioritura: media
Epoca d’invaiatura: media.
Epoca di maturazione: tardiva
La Negrara ha una buona e costante produzione, non è molto resistente alla peronospora e all’oidio ed è sensibile anche agli attacchi di acari, tignole e marciume dell’uva. Presenta buona resistenza al freddo e una buona affinità di innesto con i più diffusi portainnesto.
Caratteristiche organolettiche ed enologiche
Nonostante il grappolo compatto si diraspi bene, gli acini rimangono sufficientemente integri e questo ha come risultato una buona estrazione del colore, evitando che si manifestino odori indesiderati. Il vino è di colore rosso rubino, con riflessi violacei e una discreta intensità. Il profumo vinoso, di marasca e con una buona speziatura e con note di pepe verde. Leggere le note verdi che con la maturazione evolvono positivamente. Al gusto presenta una buona freschezza e sapidità. La sua struttura tannica, in seguito a una buona maturazione e alla fermentazione malolattica, tende ad arrotondarsi. Di poco corpo, abbastanza fine. Buon equilibrio tra tannini e antociani.
Introduzione
La Quaiara è stata aggiunta all’elenco delle varietà autoctone autorizzate dal disciplinare nel 2024 e può essere utilizzata all’interno del blend Valpolicella in una percentuale massima pari di 10%.
Il rischio di estinzione è piuttosto elevato, ma alcuni agricoltori si stanno dedicando con interesse alla tutela delle piante attualmente esistenti, investendo le loro energie nella sperimentazione di questa varietà in vigneto.
Storia
I dati storici in nostro possesso relativi a questa varietà non sono molti. Nel corso dell’Ottocento sono state redatte alcune relazioni di carattere divulgativo che includono la Quagliara rossa, (detta anche Guajara o Cojiara) tra i vitigni presenti a Grezzana e a Bardolino. Le caratteristiche varietali sono le medesime, ovvero una certa precocità e una dolcezza ben bilanciata. Negli anni Settanta il vitigno viene riportato alla luce da alcuni produttori della Valpolicella e dal Centro sperimentale della Provincia di Verona. La Quaiara è stata introdotta nel registro delle Varietà di Vite nel 2019. Il suo futuro è tutto da definire.
Altri nomi
Rossetta, Schiavetta, Guajara, Cerna
Diffusione
La Quaiara ha lo stesso profilo genetico della Vulpea, una varietà di origine Austro-Balcanica che risulta essere diffusa soprattutto in Europa Orientale. La sua diffusione in Italia è comunque limitata e interessa attualmente alcuni territori esclusivi del Veneto e del Friuli Venezia Giulia.
Ampelografia
La foglia è di dimensioni medie e la sua forma è pentagonale. La superficie è glabra e pentalobata. Il seno peziolare è a “U”, i seni laterali superiori a lira chiusa, gli inferiori a “V”. Il grappolo è mediamente spargolo e allungato. I suoi acini sono di forma ellissoidale e presentano sfumature di colore irregolari che dal rosso virano verso il bluastro.
Fenologia e coltivazione
Germogliamento: media
Fioritura: media
Invaiatura: media
Maturazione: media
Il vitigno ha dimostrato di avere una buona vigoria. Il suo portamento è eretto e la produzione è soddisfacentemente regolare. Molti sono i vigneti della Valpolicella che negli ultimi anni vengono attaccati da malattie crittogamiche. La Quaiara è alquanto resistente a questo tipo di parassiti e potrebbe perciò rivelare interessanti risultati in vigna.
Caratteristiche organolettiche
Il vino prodotto dalla fermentazione è di colore chiaro, quasi rosato e presenta riflessi luminosi. All’olfatto emergono note prettamente floreali e leggermente agrumate. Tra i sentori più riconoscibili i petali di rosa fresca e il pompelmo. Le prove di vinificazioni rivelano possibilità di ottenere vini di buona persistenza gusto-olfattiva.
Introduzione
Il Raboso Veronese, così come la maggior parte delle altre varietà autoctone riconosciute all’interno del Disciplinare della Valpolicella, può essere utilizzata con una percentuale pari al 10%. Le sue prime tracce sono piuttosto recenti e possiamo affermare con tutta probabilità che si tratti di un incrocio spontaneo. Spesso viene confuso con il più comune Raboso Piave, ma a differenza di quest’ultimo, il vino che si ottiene è dotato di una maggiore delicatezza ed equilibrio.
Storia
Le sue origini rimangono sconosciute fino a tempi recentissimi.
Secondo l’Ampelografia generale della provincia di Treviso pubblicata nel 1870 la Rabosa Veronese risultava coltivata nelle stesse aree del Raboso Piave, ma analisi specifiche escludono una corrispondenza tra le due varietà.
L’appellativo Veronese può trarre in inganno: esso deriva con tutta probabilità dal cognome della famiglia che prima si dedicò all’importazione e alla coltivazione del vitigno nella Provincia di Treviso.
Agli inizi del ‘900 alcuni studiosi come Zava e Molon mapparono le aree di diffusione di entrambe le varietà concentrando gli studi sulla adattabilità alle varie tipologie di terreno dimostrando come i due vitigni si adattassero a condizioni pedoclimatiche differenti.
Il Raboso Veronese è iscritto al Registro Nazionale delle Varietà di Vite nel 1970 con il numero 204. In base alle ultime analisi cromosomiche effettuate dall’azienda dei Conti Papadopoli di Cologna Veneta, è stato dimostrato il rapporto di parentela stretta tra Raboso Piave e Raboso Veronese il quale risulta essere nato da un incrocio spontaneo tra il Raboso Piave e Marzemina bianca nelll’800.
Altri nomi
Rabosa, Raboso di Verona
Diffusione
Il Raboso veronese è normalmente utilizzato assieme al Raboso Piave nelle seguenti denominazion: Piave Malanotte DOCG, Bagnoli Friulano DOCG, Piave DOC, Venezia DOC, Riviera del Brenta DOC, Colli Eugenei DOC, Bagnoli di Sopra DOC Merlata DOC, Alto Licenza IGT, Colli Trevigiani IGT, Conservano IGT, Marca Trevigliana, Trevenezie IGT e Veneto orientale IGT. Attualmente la superficie vitata è di 280 ettari.
Ampelografia
La foglia di grandezza media, pentagonale, pentalobata e seno peziolare a U e bordi che si avvicinano fino a toccarsi. I seni laterali superiori sono profondi, a lira, coi bordi che spesso si accavallano. Il grappolo è compatto, cilindrico-piramidale e allungato, a un’ala. Il peduncolo è grosso e legnoso. L’acino è medio, sferoidale, pruinoso. La sua buccia è spessa e coriacea e di colore blu-nera.
Fenologia e coltivazione
Germogliamento: media
Fioritura: media
Invaiatura: media
Maturazione dell’uva: tardiva
La sua vigoria è notevole e la produzione è abbondante e costante. La varietà è piuttosto rustica e la sua resistenza ai parassiti è buona, ma in condizioni di eccessiva umidità o in periodi di forte pioggia, tende a essere soggetta all’acinellatura verde.
Caratteristiche organolettiche ed enologiche
Il vino che si ottiene dal Raboso veronese si distingue da quello ottenuto dal Raboso Piave per una sua maggiore delicatezza e un tannino più integrato. Il suo colore è rosso rubino intenso, al naso presenta profumi vinosi che evolvono in aromi di piccoli frutti rossi e confettura di more. Al palato è di media struttura.
La Rossignola, così come la maggior parte delle altre varietà autoctone riconosciute all’interno del Disciplinare della Valpolicella, può essere utilizzata con una percentuale pari al 10%. La sua diffusione è confinata nelle aree del Veneto e del Trentino. In passato il suo utilizzo in campo enologico è stato delimitato per il suo corpo leggero e per il suo colore scarico. Per le stesse caratteristiche questa varietà è stata recentemente recuperata e ritenuta adatta per la produzione di vini rosati.
Storia
La Rossignola viene descritta come vitigno autoctono per la prima volta da Marani nel 1775. Nel corso dell’Ottocento i nomi Rossetta e Rossignola si alternano all’interno dei libri del Pollini, dell’Acerbi e dello Zantedeschi. Come testimonia il “Catalogo dei prodotti primitivi del suolo e delle industrie della provincia di Vicenza del 1885”, il vitigno era coltivato in Valpolicella, attorno al Lago di Garda, nel Vicentino, a Padova e Rovigo.
Nel Novecento la Rossignola è stata considerata oggetto di studio da De Leonardis, Montanari e Ceccarelli e negli anni ’70 l’Ispettorato agrario di Verona ne ha tentato il recupero. Nel 1971 la varietà è stata introdotta all’interno del Registro Nazionale con il numero 214.
Altri nomi
Rossetta, Rossignola di Montagna, Groppello
Diffusione
La Rossignola è diffusa nei territori delle DOC di Bardolino, Breganze, Garda, Valdadige e Valpolicella DOC e IGT. La sua superficie coltivata a livello nazionale ammonta a 190 ettari.
Ampelografia
La foglia è di grandezza media, pentagonale, pentalobata, con seno peziolare a U molto aperto. Ha una pagina superiore glabra, di colore scuro e nervature più chiare. La pagina inferiore è di colore verde quasi glauco e nervature gialle. Il grappolo è di media dimensione, piramidale, compatto, talvolta alato. L’acino è medio, obovoidale, pruinoiso, con buccia di colore rosso-violacea sottile.
Fenologia e coltivazione
Germogliamento: tardivo
Fioritura: tardivo
Invaiatura: medio- tardiva
Maturazione dell’uva: medio – tardiva.
La Rossignola è un vitigno caratterizzato da un’alta vigoria e un’elevata produttività. Possiede una discreta resistenza alle crittogame, ma è soggetta al marciume acido e per questo si adatta bene nei terreni asciutti e predilige altezze collinari.
Caratteristiche organolettiche ed enologiche
Se vinificato in purezza, la Rossignola, dà vini di colore rubino piuttosto scarico. Al naso presenta spiccate note floreali quali violetta e aromi balsamici. Al palato presenta sentori floreali e fruttati freschi e non risulta particolarmente complesso, ma è caratterizzato da freschezza e sapidità. Queste sue caratteristiche risultano utili per la produzione di assemblaggi o per la produzione di vino rosato.
Introduzione
La Spigamonti, così come la maggior parte delle altre varietà autoctone riconosciute all’interno del Disciplinare della Valpolicella, può essere utilizzata con una percentuale pari al 10%. Le sue origini sono recenti. La si identifica facilmente all’inizio del periodo di vendemmia poiché la sua piena maturazione è precoce rispetto alle altre varietà. Una volta però raggiunta la maturazione, appassisce rapidamente sulla pianta.
Storia
La Spigamonti viene individuata per la prima volta nell’estate del 2000 da un tecnico viticolo della Cantina della Valpolicella di Negrar di nome Claudio Oliboni il quale nota all’interno di un vigneto alcuni grappoli spargoli che, se confrontati con gli altri, erano a uno stadio di maturazione nettamente più avanzato. Il proprietario della vigna e socio viticoltore della Cantina aveva ottenuto le piante innestando delle gemme di alcune viti provenienti da una vecchia vigna all’interno di una antica corte. La nuova varietà è stata osservata e studiata attentamente dallo staff tecnico della cantina in collaborazione per quanto riguarda gli aspetti di vinificazione con il Centro di San Floriano e il Centro di Ricerca Agricola di Conegliano.
Un approfondito studio del profilo molecolare ha fatto emergere una parentela stretta con i vitigni francesi Aspiran noir e Teinturier.
La varietà è stata introdotta all’interno del Registro nel 2013 con il numero 472 e viene autorizzata per la coltivazione nel gennaio 2014.
Altri nomi
Spiga Monte
Diffusione
La Spigamonti è attualmente classificata idonea nella Provincia di Verona ed è ammessa nelle seguenti denominazioni: Amarone DOCG, Valpolicella DOC, Veneto IGT, Vallagarina IGT.
Ampelografia
La foglia è di media grandezza, cordiforme, pentagonale e con sette o più lobi. Il seno peziolare è aperto e i seni laterali piuttosto profondi. Le nervature della foglia sono rosse sia nella pagina superiore che nella pagina inferiore. Il colore della foglia è verde scuro. Il grappolo è conico, alato, spargolo e dal rachide rosso. L’acino non è molto grande e presenta un forma ellissoidale. La sua buccia è particolarmente ricca di antociani, così come la polpa all’interno.
Fenologia e coltivazione
Germogliamento: precoce
Fioritura: media
Invaiatura: precoce
Maturazione dell’uva: precoce
La pianta è dotata di grande vigore vegetativo. L’uva è caratterizzata da una buccia spessa che manifesta una buona resistenza alla spaccatura anche se sottoposta a forti piogge o grandini. Per questa ragione resiste all’attacco di muffe o al marciume acido. L’apparato fogliare è invece sensibile allo stress idrico e le radici necessitano di irrigazione di soccorso. Essendo una varietà precoce favorisce la possibilità di dilatare il periodo della vendemmia agevolando una migliore organizzazione in fase di raccolta. Dotata di grande vigore vegetativo. Subisce poco l’attacco dell’oidio ed è molto resistente a peronospora.
Caratteristiche organolettiche ed enologiche
Considerata la sua rusticità, l’elevata carica di antociani e le sue particolari caratteristiche organolettiche, la Spigamonti è al momento vinificata quasi esclusivamente in assemblaggio dove può portare a risultati straordinari grazie alla sua considerevole struttura e alla sua marcata tannicità.
Il colore del suo vino ottenuto è scuro e la trama fitta. Al naso prevalgono le note di frutta rossa estiva quali ciliegia e mora e note verdi soprattutto nel caso il vino sia ancora giovane. Le stesse note aromatiche si riconoscono anche al palato. Il vino ha un potenziale di invecchiamento e una evoluzione da scoprire ancora a pieno. L’affinamento in botte grande risponde alla sua naturale vocazione.
Introduzione
La Turchetta, così come la maggior parte delle altre varietà autoctone riconosciute all’interno del Disciplinare della Valpolicella, può essere utilizzata con una percentuale pari al 10%. La varietà è rustica e resistente alle malattie. Il suo profilo aromatico è piuttosto complesso e grazie alle sue promettenti caratteristiche organolettiche, è stato rivalutato per la produzione di assemblaggi.
Storia
Una prima descrizione del vitigno viene fatta dall’ampelografo Giuseppe Acerbi nell’opera Delle Viti Italiane del 1823. Il volume è ora poco conosciuto e pressoché introvabile. Al suo interno i grappoli di Turchetta vengono descritti come “spargoli, solitari, a forma di piramide e di colore molto scuro”. Le stesse connotazioni saranno in seguito certificate da altri studiosi che si dedicano alla sua profilazione come il naturalista e botanico Pollini. Nel 1900 Perez cita la Turchetta tra le varietà coltivate nella bassa pianura veronese e qualche anno dopo, nel 1925, il Marzotto ne mappa la diffusione individuando come territori di maggior interesse il Veneto e in particolare modo le pianure, non solo quelle veronesi, ma anche del Polesine e di Padova. Nel 1949 Cosmo certifica che la Turchetta rappresenta il 5% delle uve coltivate nella Provincia di Rovigo e la inserisce nella lista delle varietà più meritevoli. Dal 2004 tutto il materiale relativo alle ricerche storiche viene ripreso in mano da Severina Cancellier e Paolo Giacobbi per conto di Veneto Agricoltura e nel 2007 la Turchetta viene iscritta nel Registro nazionale delle varietà di vite.
Altri nomi
nessuno
Diffusione
Attualmente la superficie vitata corrisponde a soli 3 ettari. Il vitigno rientra nei disciplinari delle denominazioni Amarone DOCG, Valpolicella DOC, Bagnoli di Sopra DOC, IGT Veneto.
Ampelografia
La foglia è media, pentagonale, pentalobata nella maggior parte dei casi, con seno penzolare a U poco aperto, sostanzialmente liscia. Il colore è verde tenue se giovane, verde acceso e con pigmentazioni antocianiche se adulta. Il grappolo è medio, compatto, a forma piramidale, con un’ala. Il peduncolo è corto. L’acino è di dimensione media e forma sferoidale. La sua buccia è spessa, molto pruinosa e di colore blu scuro. La polpa è succosa e di sapore neutro.
Fenologia e coltivazione
Germogliamento: media
Fioritura: media
Invaiatura: media
Maturazione dell’uva: media.
La Turchetta è un vitigno di discreta vigoria, una produttività media e una buona resistenza. Si adatta bene ai terreni argillosi di pianura, purché ben drenati. A differenza della maggior parte delle varietà autoctone veronesi, la fertilità delle gemme basali è buona e per questo motivo il vitigno si adatta a forme di potatura corta. La Turchetta è un vitigno molto rustico, è poco sensibile alla peronospora e alle crittogame e non è soggetta a marciumi.
Caratteristiche organolettiche ed enologiche
La Turchetta è un vino particolarmente ricco. Il suo colore è rosso porpora e la sua trama fitta. Se l’uva svolge appassimento, il colore è persino impenetrabile. Il suo profilo aromatico è articolato e composto da note floreali intense quali violetta, note più croccanti di more e mirtilli e altre di frutta più matura come la prugna. Tra le caratteristiche percepibili al palato si riconosce una marcata acidità e un tratto sapido riconoscibile. La microvinificazione esprime a pieno il suo potenziale e un corpo strutturato. Al momento la tendenza comune è quella di vinificarlo in purezza. Esistono ulteriori varietà ancora non catalogate nel Registro Nazionale e nei disciplinari di produzione delle quali vogliamo comunque parlarvi a dimostrazione che il lavoro di ricerca è solo iniziato.
Continueremo ad aggiornare questo elenco in futuro per includere altre varietà antiche che non sono attualmente iscritte nel Registro Nazionale. Sono in corso progetti di ricerca per esplorare la possibilità di reintrodurre queste varietà ancora più rare, recentemente riscoperte nei vigneti più antichi.
Per un approfondimento sulle prescrizioni previste dai disciplinari di produzione dei vini della Valpolicella rimandiamo alle seguenti pagine del Ministero Agricoltura: